cover via lattea

ELENCO DI TUTTI I POST SUL SISTEMA SOLARE

martedì 7 febbraio 2023

LA SUPERNOVA del 1006 dC . by INSA .

________________________________________
________________________________________
Aggiornato il 07/02/2023

SN 1006

La SN 1006, è la supernova più brillante mai registrata nella storia, raggiungendo una magnitudine visiva stimata di -7,5 e superando di circa sedici volte la luminosità di Venere.

( L'immagine sopra mostra l'estensione del residuo di supernova designato SN 1006. In questa immagine a raggi X scattata con il telescopio spaziale Chandra, il gas a molti milioni di gradi è mostrato in rosso e verde, mentre gli elettroni ad altissima energia sono mostrati in blu. Sebbene non sia noto quale tipo di stella abbia creato questo residuo, si ritiene che il progenitore fosse molto probabilmente una nana bianca che è esplosa quando ha superato il limite di Chandrasekhar dopo aver cannibalizzato una vicina stella compagna ).
LINK: ''QUI'' .

Resoconti storici:
Esistono molte registrazioni di questo evento, sia in Asia, in Africa ed in Europa, si parla dell'apparizione di una ''Stella nova'' tra il 30 aprile e il 1º maggio 1006. Le cronache più numerose sono state redatte in Cina, mentre quelle arabe si contraddistinguono per la loro accuratezza. 
Mentre le osservazioni fatte all'abbazia di San Gallo in Svizzera, che si trova a 47,5 gradi di latitudine nord, sono risultate estremamente utili per individuare la declinazione dell'evento.
Ma fu l'astrologo egiziano Ali Bin Ridwan a lasciare la descrizione storica più completa dell'evento, difatti nel suo commentario al Tetrabiblos di Tolomeo si trova scritto: 
'' l'oggetto fu 2,5/3 volte più grande del disco di Venere, e raggiunse circa un quarto della luminosità della Luna ''. 
Assieme agli altri osservatori, egli scrive che la stella si trovava bassa sull'orizzonte meridionale, infatti pure gli scritti dei monaci dell'abbazia benedettina di San Gallo concordano con le osservazioni di Bin Ridwan per quanto riguarda magnitudine e posizione nel cielo, e scrivono: 
" In modo meraviglioso, essa era a volte contratta, a volte diffusa, e inoltre, a volte spenta... Si vide similmente per tre mesi ne' limiti più interni del Mezzogiorno, oltre tutte le costellazioni che si veggono nel cielo ".
Quest'ultima frase è a volte interpretata come indicazione che la supernova fosse di tipo Ia
Nel frattempo, lo scienziato persiano Ibn Sina (Noto in occidente come Avicenna, 980 - 1037 dC) fornisce un interessante resoconto di un oggetto celeste transitorio che iniziò di colore giallo verdastro, e successivamente divenne biancastro e scintillò selvaggiamente alla sua massima luminosità, prima di emettere scintille e alla fine scomparire dalla vista.
Alcune fonti indicano che la stella fosse abbastanza brillante da proiettare ombre, e che fu certamente visibile durante il giorno per qualche tempo, tanto che l'astronomo moderno Frank Winkler ha detto.
" Nella primavera del 1006, la gente potrebbe essere stata in grado di leggere manoscritti a mezzanotte per mezzo della sua luce ".
La maggior parte degli astrologi interpretò l'evento come portatore di guerra e carestia, ma è degno di nota che l'interpretazione che il cinese Chou K'o-ming ne diede all'imperatore fu di "buon auspicio".
In un record cinese, noto come Songshi, la "Stella ospite" è stata segnalata per essere un po' più a sud della (antica costellazione cinese) Di, quindi a est della moderna costellazione del Lupo, e circa un grado a ovest della costellazione del Centauro. I documenti cinesi indicano anche che la supernova è apparsa in due fasi distinte; La prima fase fu un periodo di tre mesi durante il quale la "Stella ospite" ha brillato al massimo della sua luminosità, dopodiché si è notevolmente affievolita. L'inizio esatto della seconda fase non è chiaro, ma sembrava essere tornata per un periodo di circa diciotto mesi dopo la prima, luminosa fase. 

Un petroglifo forse raffigurante la supernova del 1006 dC (simbolo della stella, a destra del centro) e la costellazione dello Scorpione (simbolo dello scorpione, a sinistra del centro). Il masso su cui compaiono i petroglifi si trova nel White Tanks Regional Park, Phoenix, AZ. Credito immagine: John Barentine, Osservatorio di Apache Point ).

Determinazione dei resti:
Sebbene la SN 1006 fosse nota dai documenti storici, il resto effettivo non fu scoperto fino al 1965, quando gli astronomi Frank Gardner e Doug Milne usarono il radiotelescopio Parkes per indagare su una nota sorgente radio denominata PKS 1459-41 che si trovava vicino alla stella Beta Lupi. 
Come si è poi scoperto, la loro indagine ha rivelato un guscio circolare con un diametro di 30 minuti d'arco, che in seguito si è rivelato essere il residuo della supernova che tanti osservatori hanno riportato nell'anno 1006 d.C.
Le osservazioni di conferma hanno mostrato sia raggi X duri che emissioni ottiche dal residuo. Ulteriori esami effettuati nel 2010 con l'osservatorio di raggi gamma HESS hanno rivelato prove di emissioni di raggi gamma estremamente energetiche dal residuo. Tuttavia, nonostante una ricerca diligente, non è stata trovata alcuna prova o traccia di un buco nero associato o di una stella di neutroni né all'interno né nelle vicinanze di SN 1006. arXiv:1702.02054 .
In pratica, questo è prevedibile da una supernova di tipo Ia, in cui la stella progenitrice è completamente distrutta. Infatti, dal momento che un ulteriore studio del 2012 non ha trovato prove della presenza di stelle compagne giganti o sub-giganti sopravvissute, la maggior parte degli investigatori ora crede che il progenitore di SN 1006 fosse in realtà una coppia di nane bianche che sono esplose quando si sono fuse o si sono scontrate. arXiv:1305.4489 .


Ripercussioni sulla Terra:
La maggior parte dei ricercatori concorda sul fatto che gli eventi di supernova che si verificano entro circa 1 kiloparsec (3.200 anni luce) dalla Terra possono avere un impatto significativo, se non necessariamente fatale, vista la quantità di radiazione di raggi gamma che raggiungerebbe la Terra. L'impatto maggiore sarebbe sullo strato di ozono, che potrebbe produrre effetti imprevedibili sulla vita vegetale e animale, nonché sul clima globale.
Tuttavia, alla sua distanza di circa 7.200 anni luce, la SN 1006 non sembra aver influenzato la Terra in modo significativo, anche se esistono alcune prove che almeno alcune delle sue emissioni di raggi gamma hanno raggiunto la Terra, difatti esse sono state trovate nei depositi di nitrato in campioni di carote di ghiaccio antartico.

Un potente acceleratore di particelle:
I resti di supernova possono comportarsi come potentissimi acceleratori di particelle, in grado di produrre raggi cosmici fino a energie di qualche PeV. La conferma arriva da uno studio guidato dall’astrofisica Roberta Giuffrida (Università di Palermo e Istituto nazionale di astrofisica) pubblicato su Nature Communications.
  LINK: ''QUI'' .
Il nostro pianeta viene costantemente bombardato da particelle altamente energetiche – principalmente protoni – chiamate raggi cosmici. lo studio dei raggi cosmici è un argomento di grande interesse per vari campi della scienza, ad esempio per le conseguenze che possono avere su attrezzature e astronauti nello spazio, dove la naturale protezione fornita dal campo magnetico terrestre è minore o nulla. Alcune di queste particelle possono anche raggiungere energie estremamente elevate, fino a un ordine di 1020 eV: oltre 40 milioni di volte l’energia massima prodotta dal Large Hadron Collider, il più grande acceleratore di particelle costruito dall’uomo.


Cosa accelera le particelle fino a energie così elevate? Da tempo è stato suggerito che raggi cosmici fino a energia di qualche PeV (1015 eV) possano venire accelerati nei resti di supernova, nebulose in rapida espansione prodotte dall’esplosione di stelle di grande massa, che potrebbero cedere fino al 10-20 per cento della loro energia cinetica alle particelle che vengono accelerate. Osservate alle onde radio e ai raggi X, queste nebulose mostrano spesso emissione dovute a particelle relativistiche in moto in campi magnetici – la cosiddetta emissione di sincrotrone. In alcuni casi è stata anche individuata emissione di raggi gamma, prodotta dall’interazione tra protoni relativistici e il mezzo (gas e polveri) dentro cui il resto di supernova si sta espandendo. Aver individuato queste emissioni non fornisce però una prova certa del fatto che i resti di supernova possano produrre raggi cosmici. Una prova più concreta potrebbe arrivare dalla stima della densità del materiale compresso dall’onda d’urto prodotta dalla supernova e in rapida espansione. Il materiale compresso nei resti di supernova soddisfa infatti le condizioni di shock forte: il materiale compresso (post-shock) ha una densità 4 volte maggiore del materiale ancora non compresso (pre-shock). Modelli che descrivono il meccanismo di accelerazione di raggi cosmici prevedono invece che questo rapporto di densità debba essere almeno pari a 7, e deve dipendere dall’orientamento tra il campo magnetico locale e la direzione di propagazione dell’onda d’urto (zero se perpendicolari, massimo se paralleli).

Il resto di supernova Sn 1006 – residuo di un’esplosione stellare osservata nella costellazione del Lupo nell’anno 1006 – è uno degli oggetti più interessanti per studiare il ruolo dei resti di supernova nell’accelerazione di raggi cosmici. Sn 1006, infatti, si sta espandendo in un mezzo tenue ed uniforme, come testimoniato dalla sua forma pressoché circolare. Questo facilità la misura di densità pre- e post-shock e la loro dipendenza dall’angolo tra campo magnetico e direzione di propagazione dell’onda d’urto. Diversi studi hanno anche dimostrato l’esistenza di particelle relativistiche in questo resto di supernova.
«Il nostro progetto è nato con lo scopo di mostrare, per la prima volta, evidenza di accelerazione di raggi cosmici da parte di shock di resti di supernova, uniche sorgenti galattiche in grado di fornire la potenza necessaria ad accelerare particelle», spiega l’astrofisica Roberta Giuffrida (Università di Palermo e Inaf – Osservatorio astronomico di Palermo), prima autrice di un articolo su Sn 1006 pubblicato questa settimana su Nature Communications. «Grazie allo studio dell’emissione X del resto di supernova Sn 1006 mediante due diversi telescopi spaziali per i raggi X (Chandra della Nasa e Xmm-Newton dell’Esa), abbiamo trovato un’efficiente accelerazione dove il campo magnetico risulta parallelo alla direzione di propagazione dello shock. A questi nuovi risultati osservativi abbiamo aggiunto il confronto con simulazioni che prevedono l’esistenza di una regione immediatamente dietro il fronte di shock che opera da fonte di energia aggiuntiva per l’accelerazione di particelle. L’ottimo accordo tra risultati teorici e sperimentali conferma che Sn 1006 sta cedendo tra il 10 e il 20 per cento della sua energia cinetica per accelerare adroni». 
Questo fornisce una prova sostanziale che Sn 1006 sia un acceleratore di particelle cosmico, capace di produrre raggi cosmici.
________________________________________
________________________________________

A cura di Giovanni Donati.


2 commenti:

  1. Gent.mo Giovanni prima di leggere il suo articolo, bellissimo complimenti, pensavo che di SN1006 non esistesse più niente. Pensavo cioè che milioni di anni fà gli effetti visivi di una esplosione di stella (nana) fossero diventati visibili sulla terra. Questo fatto sarebbe stato unico dall'inizio dell'umanità almeno da quando l'uomo fu definito Sapiens. Se mi sapesse illuminarmi in merito Mille Grazie. angelo galli milano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Angelo, ti rispondo io... La supernova vista nel 1006 è esplosa all'incirca tra 8000 e 8200 anni fa, i resti non erano visibili, solo i telescopi spaziali a raggi X sono riusciti a ''vedere qualcosa'' le immagini che Giovanni ha messo nel testo in realtà sono a falsi colori e riportano invece quelle che sono emissioni a raggi X e quindi invisibili all'occhio umano, nel suo centro ad oggi non si nota nulla, ma è tutto spiegato nel testo.... a breve ne pubblicheremo altre da quella del 1054 a quella del 1572, ecc.

      Elimina